Dott.ssa Filomena Alfieri, Dott.ssa Marenza De Michele
Sala Livatino, Bologna.
“Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla” (Lao Tse)
L’adolescenza, a cui J.J.Rousseau fa riferimento come “seconda nascita”, viene definita dalla teoria sistemico-relazionale il “secondo processo di separazione-individuazione”.
Queste due definizioni sottolineano come l’adolescenza venga raffigurata come un nuovo “venire al mondo”, ad un mondo questa volta psico-sociale in cui alla fatica/lavoro psicologico dell’adolescente, si abbina e procede in maniera del tutto integrata la fatica/lavoro dei genitori, entrambe finalizzate a permettere il passaggio dell’individuo dal bambino che era all’adulto che sarà in maniera più o meno indolore, aspettativa regolarmente disattesa dagli eventi della realtà.
Il vissuto profondo è quello di perdita, di un lutto “multiplo” che l’adolescente vive, e nei confronti del suo corpo che cambia al di là di ogni suo tentativo di controllo, e nei confronti del suo mondo interiore, che dopo anni di serenità si ritrova spaccato in frammenti in cui prova a trovare con fatica un punto d’incontro tra il passato e il presente, e nella relazione con il mondo esterno non più improntata a una passiva ma comoda accettazione, ma tesa e spesso frustrante nel tentativo disperato di affermarsi come individuo autonomo e libero, una “Crisalide”.
Il vissuto depressivo è quindi presente, sano e fisiologico, nel periodo adolescenziale, si nasconde dietro i numerosi meccanismi di difesa, primo fra tutti la “messa in atto”, e va elaborato, come ogni lutto che si rispetti, anche con l’aiuto degli adulti, ma può essere ignorato, bloccato, dando origine a sintomi di vario tipo, anche con la responsabilità degli adulti.
I genitori sono chiamati ad accogliere ed accompagnare la metamorfosi dei figli compiendo a loro volta una profonda trasformazione. Il sentimento di perdita vissuto dall’adolescente è percepito, in modo speculare e altrettanto doloroso, anche dal genitore che si trova improvvisamente a dover fare i conti con una modalità comunicativa carica di rabbia, rivalità, provocazione, ma anche di inaspettate fragilità e regressioni.
Emozioni che costringono il genitore a fare i conti con una sorta di Lutto, diverso ma parallelo a quello dei figli: sia per il bambino ubbidiente, prevedibile e dipendente di un tempo, sia per il proprio ruolo di genitore come guida protettiva e rassicurante. D’un tratto l’adolescente, chiudendo la porta della propria camera, è come se lasciasse fuori il genitore dai propri pensieri, dai sogni e dalle paure che fino a quel momento aveva mostrato apertamente.
Spesso il genitore vive una profonda ambivalenza, anch’essa speculare a quella provata dai propri figli. Si trova infatti a dover fare i conti con sensazioni contradditorie: fiducia e protezione, autonomia e dipendenza attivano sentimenti e atteggiamenti contrastanti nel genitore e spesso tra i genitori. Il confronto tra i loro due stili educativi, non sempre integrati armoniosamente, può generare conflitti di coppia nel conflitto generazionale in atto. Distinguere (e salvaguardare) la coniugalità dalla genitorialità è un passaggio prezioso e tutt’altro che banale. L’adolescenza infatti, nell’attaccare l’autorità, costringe i genitori a ritrattare le stesse dinamiche affrontate ai tempi della nascita del figlio e a rimaneggiare ruoli e funzioni familiari.
Può risultare quindi difficile riconoscere e sostenere le differenze tra se stessi e il proprio figlio. Ancor di più, tra le proprie aspettative e le caratteristiche reali dell’adolescente. Ritirare le proprie proiezioni dal figlio e lasciarlo libero di essere è un processo lungo e difficile, una “Crisalide familiare” che richiede coraggio e consapevolezza.
Quali possono essere i segnali di rischio o i campanelli di allarme che permettono al genitore di riconoscere un pericolo nel comportamento del proprio figlio e quindi attivarsi per aiutarlo?
Non esistono indicatori univoci di rischio, né tantomeno facili ricette da seguire … Certamente alcuni ingredienti sono importanti: un ascolto empatico e costante, una buona consapevolezza di sé e uno sguardo di ottimismo e speranza del divenire.
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